sabato 10 marzo 2007

La previdenza integrativa, dubbi ed incertezze.

Entro il 30 giugno del 2007, saremo chiamati a decidere se trattenere il nostro TFR in azienda, oppure se destinarlo alla previdenza complementare, nel nostro caso il Fondo Negoziale "Previcooper".
In merito abbiamo dei dubbi e delle incertezze che vorrmmo condividere e discutere con voi.
Innanzitutto, va proposta una correzione terminologica. Si parla di previdenza "integrativa", ma integrativo significa un qualcosa che si aggiunge, un qualcosa in più. In realtà, poichè il TFR siamo invitati ad investirlo nei fondi, non riceveremo più, al termine della nostra vita lavorativa, un gruzzoletto da portare a casa (una somma che vale 50/60.000 euro) così come può fare ora chi va in pensione con il sistema pre Dini (legge del 1995). Ci sembra una perdita economica di non poco conto. e che ci porta dunque a proporre il termine più appropriato di previdenza "compensativa", poichè sostituisce, compensa un qualcosa che non avremo più, visto che il TFR ci servirà per completare una pensione che viene ridotta.
Infatti, mentre col vecchio sistema, quello retributivo, si matura una pensione che corrisponde a circa il 70-80% della retribuzione, col nuovo sistema, quello contributivo, la pensione sarà all’incirca del 45-50% dello stipendio. Una perdita economica di grande rilievo.
Di fronte a un corso della storia che dovrebbe vedere migliorate le condizioni materiali delle persone che lavorano, constatiamo, con amarezza, che è accaduto l’opposto: quelle condizioni sono peggiorate!
E dunque, eccoci ora di fronte ad una scelta ineludibile: è giusto, conviene iscriverci ai Fondi Pensione?
Per prima cosa analizziamo i dati relativi ai rendimenti. Ci invitano, infatti, ad aderire ai fondi pensione dicendoci che rendono di più del TFR.
Quest’ultimo, ogni anno vale, garantito dalla legge, una percentuale fissa dell'1,5 % alla quale si somma il 75% del tasso d'inflazione corrente, arrivando ad una cifra intorno al 3%. Apparentemente, sembra un rendimento modesto. Facciamo un confronto, comparando i fondi pensione chiusi e il TFR nel quadriennio 2000-2003:

dal 1/1/2000 al 31/12/2000:
Fondi chiusi +3,55 ___TFR +3,54
dal 1/1/2001 al 31/12/2001:
Fondi chiusi -0.50 ___TFR +3,20
dal 1/1/2002 al 31/12/2002:
Fondi chiusi -2.80 ___TFR +3.50
dal 1/1/2003 al 31/12/2003:
Fondi chiusi +5,00 ___TFR +3,20

Totale: Fondi chiusi +5,25
---- TFR +13,44

Riassumendo, i fondi pensione chiusi, nel quadriennio in esame, hanno avuto un rendimento medio intorno al 5,25%, contro un 13,44% offerto dal TFR. Praticamente, se avessimo investito il nostro TFR nei fondi pensione di categoria avremmo avuto un rendimento inferiore dell' 8,19% - senza considerare che dalle cifre relative ai fondi vanno tolti i costi di gestione, costi che il TFR non ha, essi sono infatti pari a zero.
A sconsigliare di fatto l'investimento del TFR nei Fondi, è lo stesso Professore Luigi Scimia, attuale presidente della COVIP (Ente di vigilanza sui fondi pensione) nonchè ex presidente del Fondo Pensione dei lavoratori della BNL.
Riportiamo una sua dichiarazione, rilasciata al Corriere della Sera nel 2004:

"Il Tfr batte i fondi pensione"

di Marro Enrico

<< ... Tra gli elementi decisivi che i lavoratori dovranno valutare c'è quello del rendimento. Quello del Tfr è certo (1,5% più il 75% dell'inflazione), quello dei fondi dipende dall'andamento dei mercati. Secondo i dati illustrati da Scimia, nei primi otto mesi del 2004, il rendimento medio dei fondi pensione negoziali (quelli istituiti da accordi tra aziende e sindacati) è stato del 2,3%, leggermente sopra la rivalutazione del Tfr, pari al 2,1%. I fondi aperti (offerti da banche e assicurazioni) hanno invece reso in media l' 1,8% (il 2,3% quelli con investimenti prevalentemente obbligazionari, l' 1,4% quelli azionari).
"Estendendo l'orizzonte temporale all'ultimo quinquiennio - ha aggiunto il presidente della Covip - il confronto con il Tfr è tuttavia abbastanza critico anche per le gravi turbolenze che hanno accompagnato i mercati finanziari". Dal 1999 al 2004 i fondi negoziali hanno reso il 14,2%, quelli aperti il 5,2% mentre il Tfr si è rivalutato del 17,9%. >> Corriere della Sera PENSIONI, 16/10/2004 pag. 29

Dunque, può accadere che in un singolo anno le performance dei Fondi chiusi possano superare quelle del TFR. Ma se aumentiamo l'arco temporale, i dati attestano il contrario: è il TFR che sta rendendo di più, così come si vede anche da questi dati, desunti dall'ultima relazione annuale della Commissione di vigilanza sui fondi pensione e pubblicati dal giornale La Repubblica nel gennaio del 2007:

rendimenti ultimi 6 anni (2000-2005):

Fondi Negoziali 17,2
Fondi Aperti 3,7
Tfr 18,8

Va sottolineato , e questo vale anche per i numeri citati da Scimia, che occorre scorporare, dai dati relativi ai Fondi, i costi di gestione dei medesimi; operazione che aumenterebbe ancora di più la differenza tra i rendimenti. Prima conclusione: l'incertezza dei rendimenti dimostra che la scelta di affidare alla borsa il proprio futuro pensionistico è quantomeno azzardata e che l'unico interesse certo è quello delle Banche, delle Assicurazioni , dei gestori dei Fondi stessi e dei mercati finanziari, sempre più alla ricerca di danaro (l’ammontare complessivo delle liquidazioni vale circa 19 miliardi di euro all‘anno!).

Un altro ambito di perplessità, riguarda il quadro normativo nel quale si è costituita ed opera la previdenza compensativa.
Infatti, se si legge il contratto del Fondo Previcooper con attenzione, si troverà scritto, e questo vale per tutti i fondi negoziali, che il "fondo non dà garanzie di rendimento". Ci invitano ad iscriverci, ma non ci garantiscono neanche un minimo di rendimento, neanche uguale a quello del TFR! Perchè il sindacato e le forze politiche della sinistra, che dovrebbero dunque avere a cuore le condizioni materiali dei lavoratori, non si sono battuti per avere Fondi con garanzie di rendimento minime? Perchè? Perchè, per esempio, non si è scelto di aumentare il rendimento del TFR, di 2 o 3 punti? Lo Stato non si accollerebbe i costi di compensazione per le aziende che perdono il TFR (600 milioni di euro l'anno ) e le liquidazioni avrebbero una maggiore rivalutazione nel tempo, garantita per legge. Perché non si è impedito che la tassazione sul TFR passasse, dal 2000 al 2006, dal 12% circa (grazie ad una detrazione delle allora 600.000 lire per ogni anno di accantonamento) all’attuale 23%? Nell’attuale parlamento ci sono iniziative legislative volte a diminuire, in futuro, il prelievo fiscale sul TFR, perchè non si sostengono con forza? Perché?
E perchè tanto tempismo legislativo quando si tratta di toccare gli interessi delle categorie più deboli e più povere, e tanta lentezza quando si tratta di colpire gli interessi delle categorie più forti e più ricche? Un esempio: nella campagna elettorale scorsa, è trascorso ormai un anno, sia i dirigenti sindacali che i dirigenti politici della sinistra gridavano allo scandalo nel vedere le rendite finanziarie tassate al 12,50, proponendo che venissero portate almeno al 20%. Questa indicazione è pure scritta nel programma di governo. Perchè, a distanza di una anno, questo provvedimento legislativo non arriva? Perchè le rendite finanziarie sono ancora tassate al 12,50, mentre, quando lo Stato tassa i cittadini più poveri, per pagare gli interessi sul debito pubblico, preleva il 23% sui redditi da lavoro? Perchè? Perchè i sindacati e i partiti della sinistra non protestano più, non gridano più allo scandalo?
E perchè non si richiede a gran voce la reintroduzione della penalizzazione per il reato di falso in bilancio, reato che è stato depenalizzato dal governo Berlusconi nella passata legislatura? Perchè?
Non vogliamo ricordare il caso della americana Enron (negli USA, il falso in bilancio è punito con pene che prevedono la reclusione sino a 25 anni di prigione), né l‘Inghilterra, dove i fondi sono più diffusi e dove i fallimenti e le crisi sono continui e ripetute con la perdita, in certi casi, non solo della pensione ma anche del capitale versato. Ci basta quello che sta succedendo in Italia. Innanzitutto, va menzionato il fallimento della Sicilcasse, che ha azzerato il fondo pensione di migliaia di bancari, i quali forse riusciranno a recuperare il 15 od il 25% del versato.
Il fondo della BNL è in stato pre-fallimentare.
Alla fine di gennaio apprendiamo che “è stato scoperto un ammanco di bilancio per oltre 40 milioni di euro nella cassa IBI, il fondo pensione degli ex dipendenti dell’Istituto Bancario Italiano, incorporato in Cariplo nel 1991, ora nel gruppo Intesa-Sanpaolo. L’ammanco è superiore alla metà dell’intero patrimonio del fondo, a cui è iscritto oggi circa un migliaio di dipendenti del gruppo”. (dal Il Sole24ore del 31/01/2007, Cassa IBI, al via le indagini della COVIP.
Non più di in mese fa, si scopre il crack del Fondo Pensione del Teatro Carlo Felice di Genova.
Da Il Sole24ore del 17/02/2007, Fondi, quel crack a Genova: “Si è salvato dal crack del fondo pensione solo chi, giunto alla fine della sua carriera lavorativa, ha riscattato tutto il capitale prima del 2002. Dopo il diluvio, Oggi gli oltre 300 tra pensionati e lavoratori attivi del Teatro Carlo Felice di Genova non sanno se riusciranno a recuperare quanto versato nel Fondo di previdenza integrativa a favore del personale dell’Ente Autonomo Teatro Comunale dell’ Opera di Genova. Il Fondo costituito nel 1971 con un accordo tra i sindacati e l’Ente Teatro è andato in liquidazione nel maggio del 2004 - il primo in Italia - con un deficit, secondo il conteggio del commissario liquidatore Ermanno Martinetto, di quasi 9 milioni di euro. E ormai a dare una risposta a questi lavoratori e pensionati saranno solo le carte bollate e la moneta”.
E cosa dire del pesante conflitto di interessi che investe i Fondi: il 96% delle SGR - società di gestione del risparmio, coloro cioè che andranno a gestire i soldi che confluiranno nei fondi pensione - sono di proprietà di Banche ed Assicurazioni!
La gestione del Fondo Previcooper, ad esempio, è in mano all’ Unipol, la compagnia assicuratrice che nel 2005, l’anno dei furbetti del quartiere, vide due suoi dirigenti, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, dimissionari al cda Unipol del 9 gennaio 2005, al centro di una inchiesta da parte della magistratura per “appropriazione indebita, ricettazione ed associazione a delinquere”. Corriere della sera 05.01.2006.
“Dai quaranta ai cinquanta milioni di euro. Tanto avrebbero ottenuto il presidente di Unipol Giovanni Consorte e il suo vice Ivano Sacchetti, negli anni, con operazioni di acquisto e repentina vendita di titoli alla Bpl di Giampiero Fiorani e all'Hopa di Emilio Gnutti che poi avrebbero girato loro parte delle plusvalenze per ricompensarli.” La repubblica 27/12/2005.
Quanti altri fallimenti di Fondi Pensione, quante altre indagini della magistratura dobbiamo aspettare per arrivare a questa seconda conclusione: il quadro normativo nel quale si trovano ad operare i Fondi - depenalizzazione del falso in bilancio e conflitto di interessi - non è affatto rassicurante.
Così come poco rassicurante è lo scenario internazionale nel quale i mercati finanziari operano e al quale sono molto sensibili. E anche qui non c’è bisogno di ricordare il crollo della Borsa avvenuto con l’11 settembre. Basta citare la giornata nera del 27 febbraio di quest’anno, nella quale col crollo della Borsa di Shangai, che ha trascinato quella americana e di riflesso quella europea, si sono bruciati circa 8oo miliardi di euro in un giorno solo - in Europa si sono bruciati sui mercati azionari 272 miliardi di euro di capitalizzazione.
Il mercato finanziario è un mercato veramente globale, utilizza le reti telematiche per gli scambi e le operazioni, è un mercato transnazionale dove un capitale può essere riciclato anche più volte al giorno, con poche regole e privo di trasparenza. Trae i suoi utili dalla speculazione, cioè gioca sulle differenze dei cambi o delle quotazioni azionarie tra un mercato e l’altro. Tale mercato è concentrato in poche mani, più o meno 200 operatori a livello mondiale. Ebbene gli operatori più forti sono i gestori dei fondi di pensione americani ed anglosassoni (i Mutual Funds) che gestiscono fondi per un valore di 7.000 miliardi di dollari, cioè 12 milioni di miliardi di lire - il sistema pensionistico americano è privato, cioè gestito da enti finanziari che investono enormi somme sui mercati finanziari azionari od obbligazionari e dove la speculazione è potente: ad esempio, in poche ore avendo puntato sulla svalutazione della moneta argentina ha costretto il governo a spendere il 10 % del PIL del paese per sostenerla, portando l’Argentina al crack finanziario a tutti noto. E’ un mercato anche dove si rischia molto:si dice che George Soros, uno dei maggiori finanzieri del mondo (il quale fu oggetto di indagini per speculazioni finanziarie, sia da parte di organi ufficiali americani che di due procure della repubblica italiane ) abbia perso 2 dei 10 miliardi di dollari che possiede, nella speculazione sul rublo.
E’ vero che la creazione, nel 1998, dell’unione monetaria europea ha tra i suoi scopi la creazione di un sistema di scambi stabili e la tutela delle monete deboli, tuttavia il recente crollo della Borsa, sopra ricordato, dimostra che il mercato europeo non è affatto al riparo dalle grosse speculazioni finanziarie mondiali, che si muovono in un quadro sostanzialmente privo di controlli.
Ci dicono che i Fondi Pensione sono il secondo pilastro della nostra futura pensione. Ebbene, nello scenario appena descritto, come si può pensare e credere che questo pilastro poggi su basi solide? Noi crediamo il contrario! E consigliamo le lavoratrici ed i lavoratori di non aderire ai Fondi e di chiedere ai sindacati di cambiare strategia, di battersi per rafforzare la previdenza pubblica, battersi per aumentare il rendimento del TFR e per sostenere le iniziative legislative volte a diminuirne il prelievo fiscale.




5 commenti:

mario ha detto...

Condivido le critiche riguardanti la politica pensionistica sino ad ora seguita,dalla riforma Dini in poi.Infatti quella riforma a differenza di quanto sostenuto anche dai sindacati,è lontana dal risolvere i problemi dei futuri pensionati ed ha finito con il sacrificare i diritti dei giovani e quelli che alla data prestabilita non avevano ancora raggiunto i 18 anni di contributi,facendo uno scalone generazionale insostenibile.
Il dibattito sul sistema pensionistico non è mai decollato nella coop,come in altri posti di lavoro.Purtroppo anche il sindacato è più preso dalla previdenza integrativa che dall'affrontare queste tematiche.
detto questo,non mi risulta che il nostro fondo di previdenza integrativa abbia dato risultati inferiori a quelli del TFR,anche perché essendo un fondo chiuso,l'azienda contribuisce per l'1,5% del salario lordo del lavoratore,quindi come potrebbe rimetterci il lavoratore aderente?

mario ha detto...

Ritengo che si stia commettendo l'errore di valutare la situazione dei futuri pensionati,in modo manieristico da tutte le parti.Chi vuole far erroneamente credere che i fondi pensione contrattuali non siano convenienti e chi sta solo discutendo la convenienza del versamento del TFR su tali fondi senza analizzare e discutere seriamente come debba essere salvaguardata la previdenza pubblica.Questi errori non ce li possiamo permettere,ne vale del futuro dei lavoratori.Vista la partecipazione dei lavoratori su questo blog,in merito a questo argomento mi viene da pensare che questo problema non sia particolarmente sentito,e mi domando il perché.

Anonimo ha detto...

L'attuale ministro delle finanze,vuole ulteriormente colpire,con la diminuzione dei coefficienti di rendimento,i soggetti già colpiti dalla legge Dini,in pretica i giovani i quarantenni,ed una buona fetta dei cinquantenni,tutti i soggetti che ancora non avevano 18 anni di contribuzione come detto nel precedente Blog.Invece di piangere a posteriori sullo smantellamento della previdenza pubblica,e criticare in modo a volte strumentale i fondi chiusi,bisognerebbe svegliarsi adesso e non mi sembra che questo avvenga.

LAVOROINCOOP ha detto...

Uno dei più grandi economisti del 1900, J. M. Keynes, a chi lo invitava a fare ragionamenti economici di lungo periodo, rispondeva sempre con una battuta divenuta celebre: “A lungo termine saremo tutti morti!”. Egli stesso non vide arrivare il famoso crac della borsa nel 1929. Evidentemente questa sua scarsa fiducia nel futuro economico è passata nel senso comune della gente se, come mostra una recente inchiesta pubblicata da vari giornali, nel primo trimestre del 2007, solo l’1% dei lavoratori ha aderito ai fondi pensione. La critica ai fondi pensione nasce anche da questa incertezza, da questa diffidenza verso un sistema che lega un pezzo della nostra pensione alla borsa e ad un mercato finanziario sempre più deregolamentato e pieno di speculazioni ed insidie. E se il problema pensionistico è poco avvertito tra i lavoratori, è perché, e questo vale soprattutto per i più giovani, i guasti che la riforma Dini ha prodotto e la rottura generazionale che ha creato tra chi era ed è ancora nel sistema retributivo e chi è passato nel sistema contributivo, non sono immediatamente visibili, percepibili e lo saranno solo tra molti anni.
Sicuramente, occorre tenere alta l’attenzione sul tema della previdenza pubblica, anche alla luce dell’ attuale confronto tra Governo e Sindacati, per il quale sono molto confortanti le prese di posizione dei tre leader sindacali, i quali hanno affermato con chiarezza e determinazione il loro no allo scalone ed alla revisione dei coefficienti di trasformazione, che renderebbero ancora più basse di quanto già sono ora, le nostre pensioni.

Anonimo ha detto...

Quando le televisioni ed i giornali intervistano pseudoeconomisti,assoldati alle logiche che in argentina hanno portato miseria e scontri sociali,mi vengono in mente i corvi che guardano dall'alto la carcassa di un cadavere,non ci si avvicinano subito,hanno paura che altri predatori possano trovarsi nei paragi.Pullulano in questi giorni pareri del fondo monetario internazionale,di personaggi che che solo 2 o 3 anni fà hanno permesso al governo precedente di alimentare un debito pubblico che ora stiamo pagando.La logica è sempre una,il mercato e le sue regole.Sulle pensioni noi dobbiamo far valere un solo principio.Vita dignitosa per chi avendo raggiunto l'età pensionabile ha bisogno di un reddito per vivere.Si scorpori l'assistenza dalla previdenza si colpisca il lavoro nero e l'evasione contributiva,si colpiscano i privilegi.Questo è l'unico modo per risolvere i problemi,e si dica chiaramente al raginier Padoa Schioppa,che i poteri forti che lui rappresenta non possono dettare l'agenda dove è scritto il futuro di milioni di persone,con le loro vitali esigenze,quell'agenda la scriviamo noi,lui continui a scrivere quella dettata dall'esclusiva logica di mercato e del profitto a scapito di chi in quella logica deve coprire il ruolo di oggetto passivo,Sveglia ragazzi sveglia sindacato,è ora che nei posti di lavoro si inizino a fare le assemblee sul TFR,ma anche su quello che sarà il futuro della previdenza pubblica.